Un’interpretazione della natura umana deve necessariamente
far riferimento ad una determinata formula interpretativa alla luce della quale
l’uomo prende posizione circa sé stesso e circa i propri simili: Infatti, a
seconda che io mi consideri come figlio di Dio o come anello della catena
evoluzionistica il mio atteggiamento nei confronti della realtà è destinato ad
essere completamente diverso. Gehlen osserva come la prospettiva
evoluzionistica e quella metafisica abbiano in comune il fatto di ritenere che
l’uomo possa essere descritto ed interpretato soltanto con categorie
dell’extraumano (variazione casuale e adattamento da una parte, spirito
dall’altra); l’intento di Gehlen è quello di dimostrare come sia possibile
elaborare una concezione della natura dell’uomo che si avvalga di concetti
molto più specifici e adeguati per questo particolarissimo oggetto di indagine
che è l’uomo. L’uomo rinviene in sé
stesso un compito che egli deve e può specificare solo interpretando la propria
natura alla luce di una certa prospettiva che ha da essere empirica e
scientifica. Poiché tale compito è nell’uomo dato ma non risolto col suo mero
esistere – perché destinato a specificarsi attraverso questa
auto-interpretazione – si dice che l’uomo è non solo un essere che prende
posizione ma anche un essere incompiuto. Quando Nietzsche parla dell’uomo come
“l’animale non ancora definito” intende esattamente questo: che non esiste
un’opinione univoca di ciò che l’uomo sia esattamente e che l’uomo non è
costituito una volta per tutte.
L’intento di Gehlen è quello di elaborare un’antropologia
generale, una teoria dell’uomo che lo consideri nella sua totalità, che sia
preordinata ad ogni scienza specialistica e che sia in grado di individuarne il
posto peculiare nel mondo. In genere si è soliti classificare come ‘’umano’’
tutto ciò che non animale, vegetale o inorganico e si è soliti derivare le facoltà
umane da quelle animali secondo gli insegnamenti dell’evoluzionismo darwiniano.
Gehlen osserva come, in verità, la teoria evoluzionistica risulti valida solo
per quanto concerne lo sviluppo somatico di singoli caratteri o complessi di
caratteri e come essa si mostri insufficiente ai fini della definizione di una
antropologia generale che consideri TUTTO l’uomo. Finché si considerano singoli
caratteri o qualità, infatti, non si rinviene nulla di specificatamente umano e
un’antropologia generale è impossibile: benché l’uomo possegga una struttura
anatomica assai singolare gli antropoidi ne hanno una piuttosto simile;
esistono in natura numerosi animali dotati di intelligenza, in grado di
costruire abitazioni o produrre ‘’opere d’arte’’ (si vedano elefanti, castori e
scimpanzé ) che vivono in vere e proprie società, come le formiche, o che hanno
sviluppato efficaci sistemi di comunicazione, come nel caso di delfini e
primati. Il possesso della mano, di un sistema linguistico, dell’andatura
eretta,della ragione e così via, non possono essere considerati elementi
sufficienti alla definizione di ciò che l’uomo è.
Sono due i fattori che, secondo Gehlen, hanno ostacolato
l’elaborazione di un’antropologia generale: In primo luogo la mancata
ricomposizione di corpo e psiche, che le analisi classiche hanno insistito nel
concepire come due realtà opposte ed inconciliabili; in secondo luogo il fatto
che un’antropologia filosofica dovrebbe essere preordinata ad ogni altra
scienza specialistica: biologia, gnoseologia, linguistica, psicologia... già
orientarsi entro campi disciplinari tanto differenti risulta difficile,
figuriamoci elaborare una teoria che possa conciliarli tutti. L’elaborazione di
un’antropologia generale è possibile solo se si riconosce l’uomo come un’unità
di corpo e psiche in cui tutti i caratteri, esterni e interni, possiedono una
qualche connessione tale da consentire la comprensione della psiche attraverso
le categorie biologiche del corpo e la comprensione del corpo a partire dalle
dinamiche psichiche. Una volta riconosciuta quest’unità sarà possibile
abbattere i confini tra le varie scienze specialistiche e raccogliere materiale
per la fondazione di un’unica grande scienza dell’uomo tale da impedire
l’identificazione dell’essere umano col possesso di questo o quel carattere, di
questa o quella facoltà. E’ possibile mostrare, in altre parole, come i
caratteri essenziali dell’uomo, che lo definiscono come tale – a partire
dall’andatura eretta per finire con l’istituzione dell’etica e della morale – si
PRESUPPONGANO l’un l’altro e non siano l’uno la causa dell’altro:
l’intelligenza non ha causato il linguaggio e il linguaggio non ha causato
l’intelligenza; l’intelligenza presuppone il linguaggio così come il linguaggio
presuppone l’intelligenza.
L’uomo si distingue dall’animale nella misura in cui è ‘’un
essere manchevole’’ nei suoi confronti: Non dispone di meccanismi di difesa o
di organi specializzati, di un apparato istintuale efficace alla sua
sopravvivenza, è un essere indifeso, bisognevole e perturbabile che può
mantenersi in vita solo ed esclusivamente in virtù di certe funzioni
considerate superiori, ossia il pensiero, il linguaggio, l’immaginazione e via
dicendo. Tali funzioni hanno per l’uomo un’importanza vitale e ne costituiscono
le condizioni di esistenza.
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