I)
La
vita dell’uomo è profondamente influenzata dalla dimensione dell’autocoscienza:
attraverso l’auto-osservazione dei propri comportamenti l’uomo genera l’etica e
la morale. Viviamo all’interno di un dominio di descrizioni che muta di
continuo, generato dall’interazione ricorsiva con le descrizioni che compiamo.
Nella misura in cui delle interazioni garantiscono il mantenimento della nostra
organizzazione circolare, esse costituiscono la nostra fonte di riferimento
finale per condotte valide all’interno del dominio di descrizioni in cui
operiamo e vanno a costituire, in definitiva, i nostri punti di riferimento per
verità e valori. In ogni caso, il fatto che i sistemi viventi siano
auto-referenziali implica necessariamente che ogni riferimento per le condotte
di un organismo sia relativo, che, in definitiva, non esistano valori assoluti
e che tutte le verità e le falsità nel dominio culturale siano relative.
II)
La
funzione basilare del linguaggio non è la trasmissione di informazioni da un
sistema vivente ad un altro, ma la creazione di un dominio consensuale di
comportamento tra sistemi linguisticamente interagenti mediante lo sviluppo di
un dominio cooperativo di interazioni. Ciascun parlante, in ogni caso, agisce
esclusivamente nel proprio dominio cognitivo, nel quale ogni verità definitiva
è tale in virtù delle personalissime esperienze di quel sistema vivente. Il
comportamento linguistico non può prescindere dalle verità individuali degli
organismi interagenti, cosicché nessuno può convincere qualcuno di un qualche
cosa che non fosse già implicitamente presente nel dominio di convinzioni di
quel qualcuno. (Se la mia esperienza del
fuoco mi ha insegnato che toccandolo mi scotto, nessuno potrà mai convincermi
del contrario).
III)
L’uomo
è un animale razionale, che, come tale, riferisce costantemente ogni sua
condotta ad un sistema di verità accettato arbitrariamente dal suo ambiente
culturale di riferimento: ricorre a Dio come fonte assoluta di verità o si
rifugia nella razionalità come sistema universale di valori. Così facendo,
però, egli non fa altro che sfuggire a quello che è il suo compito di animale
auto-cosciente: Gehlen direbbe ‘’il prendere posizione circa sé stesso’’, lo
scegliere cioè, in maniera esplicita, una cornice di riferimento per il proprio
sistema di valori, un sistema di verità che sia frutto della sua esperienza
individuale e che sia volontariamente progettato per assecondare i suoi
desideri, non più i suoi bisogni e che definisca le caratteristiche del mondo
culturale e materiale in cui egli VUOLE vivere.
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