L’autopoiesi
nello spazio fisico è necessaria e sufficiente per caratterizzare un sistema
come un sistema vivente. Tutti i fenomeni biologici, a partire dalla
riproduzione e dall’evoluzione, dipendono dall’autopoiesi di un’unità
autopoietica fisica.
IMPLICAZIONI BIOLOGICHE.
Un sistema
vivente è un sistema vivente perché è un sistema autopoietico nello spazio
fisico ed è un’unità nello spazio fisico perché la sua organizzazione
autopoietica lo definisce come tale. Di conseguenza, ogni trasformazione
strutturale che un sistema autopoietico può subire senza perdita di identità
dev’essere subordinato al mantenimento della sua organizzazione autopoietica.
Se l’organizzazione autopoietica non viene mantenuta, il sistema si disintegra
e perde la propria identità: in definitiva, muore.
I)
La
fenomenologia dei sistemi viventi è la fenomenologia delle macchine
autopoietiche fisiche e i fenomeni biologici sono una sottocategoria dei
fenomeni meccanici. Entrambi, infatti, sono fenomeni di relazioni tra processi
realizzati attraverso le proprietà dei componenti di una macchina o di un
sistema vivente.
II)
Una
teoria dei fenomeni biologici dovrebbe permettere un’analisi dei componenti di
un sistema vivente per determinare in che misura essi partecipano ai processi
che integrano un fenomeno biologico. Se fosse possibile determinare quali
relazioni devono essere soddisfatte tra le componenti di un insieme di
componenti affinché queste costituiscano un’unità autopoietica, sarebbe
possibile, a rigor di logica, progettare e costruire sistemi viventi
esattamente come facciamo con le macchine allopoietiche.
III)
L’autopoiesi
nello spazio fisico definisce tutti i sistemi viventi in qualunque punto
dell’universo, indipendentemente dall’ipotesi dell’esistenza di forme di vita
più complesse e inimmaginate.
IMPLICAZIONI
EPISTEMOLOGICHE.
I)
Nella
storia della biologia la necessità epistemologica di fornire una spiegazione
completa della fenomenologia biologica, attraverso nozioni ben definite,
sembrava aver trovato piena soddisfazione nella teoria evoluzionistica e nella
genetica. Entrambe, tuttavia, hanno finito per dimostrarsi insufficienti
perché, sebbene abbiano mostrato i meccanismi del cambiamento storico degli
esseri viventi, hanno trascurato l’aspetto più strettamente biologico: Hanno
trattato la specie come fonte di tutto l’ordine biologico, mostrando come essa
evolva, mentre tutti gli individui non sono che elementi in essa temporanei la
cui organizzazione è subordinata alla fenomenologia storica. Hanno dimenticato,
però, che la ‘’specie’’ non è altro che un’astrazione descrittiva e che essa è,
nel concreto, un insieme di individui che condividono un pool genetico e la
possibilità di incrociarsi riproduttivamente. La genetica e la teoria
evoluzionistica non permettono un’adeguata comprensione della fenomenologia
biologica, che è possibile solo attraverso la comprensione dell’organizzazione
autopoietica dei sistemi viventi. Poiché i sistemi viventi sono macchine
autopoietiche fisiche, la loro organizzazione è interamente spiegabile con
nozioni meccanicistiche, cosicché la spiegazione biologica fornita attraverso
la comprensione dell’organizzazione autopoietica dei viventi ha la medesima
validità epistemologica di una qualunque spiegazione meccanicistica di un
fenomeno meccanicistico nello spazio fisico.
II)
Il
successo della teoria evoluzionistica di Darwin fu dovuto soprattutto al suo
significato sociologico: Gli individui più adatti sopravvivono e hanno vantaggi
riproduttivi sugli altri; i meno adatti periscono o hanno minori vantaggi
riproduttivi, partecipando meno all’evoluzione e alla perpetrazione della
specie, che è l’unico ruolo dell’individuo.Le nozioni di evoluzione, selezione
naturale e adeguatezza sembravano fornire una giustificazione alla struttura
sociale ed economica di una società competitiva in cui i più forti tentano di
affermarsi sugli altri individui attraverso l’imposizione di valori universali
che giustificano la discriminazione sociale, la schiavitù e la subordinazione
economica, con la pretesa che l’unico ruolo degli individui sia la
perpetrazione ad ogni costo di stato, società e genere umano. Poiché, però, la
teoria evoluzionistica ha dimenticato che la specie è un’astrazione descrittiva
che si riferisce ad un insieme concreto di individui e che quindi la
fenomenologia biologica della specie e necessariamente subordinata a quella
degli individui, non è lecito sostenere la necessità della subordinazione dei
singoli al perpetrarsi dell’umanità, della società o della specie, poiché essi
non sono assolutamente trascurabili dal punto di vista biologico.
IMPLICAZIONI COGNITIVE.
Il dominio di
interazioni di un’unità autopoietica è il dominio di tutte le deformazioni che
quell’unità può subire senza perdere l’autopoiesi. Tale dominio è determinato
dalla struttura del sistema vivente, ossia dal modo particolare col quale la
sua organizzazione autopoietica è realizzata nello spazio fisico. Sistemi
autopoietici diversi hanno domini di interazioni diversi.Agli occhi di un
osservatore, la condotta cui un organismo da luogo come compensazione della
deformazione subita da parte dell’ambiente è una descrizione dell’ambiente.
Poiché il dominio di interazioni di un organismo e le perturbazioni che questo
può subire sono necessariamente limitate (giacché determinate dalla struttura
del sistema vivente) esso può compiere un numero limitato di descrizioni e ha
pertanto una conoscenza parziale dell’ambiente che appare agli occhi
dell’osservatore. La particolare organizzazione autopoietica di un sistema
vivente determina per esso, cioè, uno specifico dominio cognitivo fuori dal
quale per l’organismo non esiste nulla.
I)
Se
il dominio cognitivo di un organismo dipende dalla maniera in cui la sua
organizzazione autopoietica è realizzata nello spazio fisico, cioè dalla sua
struttura, l’ontogenesi, in quanto storia della trasformazione strutturale di
un’unità, determina cambiamenti nel dominio cognitivo dell’organismo.
II)
Sistemi
viventi con domini cognitivi comparabili possono entrare in accoppiamento
comportamentale l’uno con l’altro, in maniera tale che il comportamento di A è
fonte di deformazioni per B, il comportamento compensativo di B è fonte di
deformazioni per A e così via in maniera ricorsiva potenzialmente infinita,
almeno finché l’accoppiamento non viene interrotto. Le condotte di A e di B,
sebbene allacciate, non determinano la condotta che seguirà come risposta da
parte dell’altro organismo ma semplicemente orientano quell’organismo entro il
suo dominio cognitivo verso un’interazione dalla quale seguirà una condotta
indipendente da quella dell’organismo orientante. Le interazioni che si
stabiliscono tra due organismi in accoppiamento sono interazioni comunicative e
le condotte che ne derivano.
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