"Come un altro, o Antifonte, si compiace di un bel cavallo, o di un cane, o di un uccello,
così e ancor di più, io traggo piacere dai buoni amici,
e se so qualcosa di buono.. lo insegno loro".


domenica 18 settembre 2016

#3 Riassunto: H. Maturana & F. Varela; Autopoiesi e cognizione, Biologia della Cognizione, 1970 - La funzione cognitiva in particolare.

LE CELLULE NERVOSE
Il neurone è l’unità anatomica del sistema nervoso. Esso è suddivisibile in tre diverse regioni: l’area collettrice o afferente (formata da dendridi), un elemento distributivo detto assone e infine un’area effettrice formata dalle terminazioni assonali. Lo stato funzionale dell’area afferente è determinato dal suo stato interno e dagli stati di attività delle aree effettrici dei neuroni con i quali è collegata in sinapsi. Lo stato di attività dell’area effettrice è determinato dalla particolare configurazione con cui gli impulsi provenienti dall’area afferente e propagatisi lungo l’assone invadono le terminazioni assonali dell’area effettrice del neurone. Tale configurazione dipende in primo luogo dalla distribuzione degli intervalli di tempo tra un impulso e il successivo, in secondo luogo da interazioni non sinaptiche e pre sinaptiche con elementi vicini, che si manifestano sotto forma di movimenti di acqua e ioni che, determinando alterazioni nella polarizzazione e nel diametro delle terminazioni assonali, ne modificano la capacità di lasciarsi attraversare dagli impulsi nervosi. I neuroni afferenti sono particolari neuroni preposti alla ricezione degli stimoli esterni attraverso gli organi di senso e al trasporto delle relative informazioni al sistema nervoso centrale. Lo stimolo esterno modifica lo stato funzionale dell’area collettrice del neurone che lo riceve, determinando la propagazione di un input appartenente ad una certa classe di influenze afferenti accomunate dalla medesima configurazione spazio-temporale, che determina lo stato di attività nell’area effettrice del neurone. A sua volta lo stato di attività nell’area effettrice di quel neurone modifica lo stato funzionale dell’area collettrice del neurone successivo, dando luogo ad un certo stato di attività nella sua area effettrice, e così via.
Le cellule nervose rispondono con un certo stato di attività non ad influenze afferenti particolari (l’input x, l’input y ecc..) ma a classi di influenze afferenti (A=input x, input y, input z..) accomunate dalla medesima configurazione spazio temporale e trattate come equivalenti dal sistema nervoso. Ogni condotta prevede una certa successione di stati di attività subordinata al mantenimento della circolarità nell’organizzazione dell’organismo.
ARCHITETTURA.
I neuroni che compongono il sistema nervoso di un essere vivente possono essere assegnati a classi morfologiche distinte, in base al numero e al tipo di ramificazione dei prolungamenti, in base alla forma in senso stretto della cellula o in base al comportamento del prolungamento assonico. I neuroni appartenenti alla medesima classe presentano analoghe proprietà di relazione, si trovano solitamente concentrati gli uni accanto agli altri e la loro configurazione morfologica è frutto del processo evolutivo. Il sistema nervoso di ciascun organismo, in ogni caso, risente di variabilità genetica, cosicché anche i sistemi nervosi di due esemplari della medesima specie non saranno mai completamente identici e saranno accomunati solo dalla medesima organizzazione architettonica generale. Quest’organizzazione è tale che ogni volta che un organismo entra, per mezzo delle superfici sensorie caratteristiche della propria specie, in un’interazione entro il proprio domino fisico di interazioni, ha luogo una specifica successione di stati di attività neuronale che, modificando le superfici effettrici dell’organismo, genera una certa condotta. Ne deriva che il sistema nervoso non può dare origine a condotte per stimoli che non corrispondono ad interazioni appartenenti al dominio di interazioni dell’organismo a cui appartiene. Ogni parte del sistema nervoso di un organismo esprime la possibilità di una connessione funzionale tra una superfice sensoria e una effettrice, dunque lesioni localizzate del sistema nervoso centrale interferiscono necessariamente con la possibilità di realizzare una certa condotta.
FUNZIONE-
A ciascuna specie animale corrispondono una certa nicchia e un certo dominio di interazioni accordato con essa. Il sistema nervoso di ogni organismo funziona coerentemente con il dominio di interazioni specificato dalla nicchia corrispondente. Solo interazioni appartenenti al dominio di interazioni di un dato organismo possono, cioè, dare luogo a successioni di stati di attività neuronale in grado di generare una condotta. Differenti interazioni particolari determinano, nel sistema nervoso dell’organismo, il medesimo stato di attività. Questo accade perché il sistema nervoso non risponde a influenze afferenti particolari, ma a classi di influenze afferenti accomunate dal possesso della medesima configurazione spazio-temporale e valutate quindi come equivalenti. Così come l’attività di un neurone non può mai essere ricondotta ad un’interazione particolare, allo stesso modo un punto del sistema nervoso non può essere considerato come localizzazione di una facoltà o di una funzione specifica, ma unicamente come area in cui un certo tipo di interazioni convergono. Cosicché, ad esempio, la zona occipitale del cervello umano non è sede della vista, ma è l’area in cui convergono le attività che la rendono possibile. Una lesione localizzata del sistema nervoso impedisce la convergenza delle attività necessarie alla sintesi di una condotta.
RAPPRESENTAZIONE
L’organizzazione del sistema nervoso di un essere vivente è fondamentalmente uniforme. Ciò significa che le varie parti che lo costituiscono svolgono le medesime funzioni, seppure in contesti differenti. Lesioni del sistema nervoso non alterano questa uniformità, tant’è che le parti non danneggiate continuano a funzionare in maniera identica a quanto facevano prima del trauma, pur non essendo in grado di sopperire alla mancanza dell’apporto delle aree colpite. L’uniformità dell’organizzazione del sistema nervoso è tale che in ogni suo punto ha luogo lo stesso processo fondamentale: la generazione di stati di attività consecutivi. Lo stato di attività di un neurone influenza lo stato funzionale di un altro neurone determinando un certo stato di attività e così via. Lo stesso processo avviene anche entro i neuroni effettori che, traducendo in movimento la sequenza di stati di attività innescata da un’interazione entro le superfici sensorie dell’organismo, da a sua volta luogo ad un’interazione che modifica lo stato funzionale dei neuroni afferenti connessi alle superfici sensorie, determinando certi stati di attività. Quindi, a meno che non vi sia una qualche possibilità di distinguere l’origine esterna o interna dell’interazione che da luogo ad una successione di stati di attività, gli stati di attività generati esternamente e gli stati di attività generati internamente al sistema nervoso risultano indistinguibili.
Il sistema nervoso di un organismo è modificato dai cambiamenti negli stati di attività delle cellule che lo compongono, che sono innescati da interazioni fisiche dell’organismo con entità descrivibili entro il dominio cognitivo dell’osservatore. I cambiamenti degli stati di attività neuronale entro il sistema nervoso dell’organismo ‘’rappresentano’’, in un certo senso, l’interazione che li ha originati. Essi costituiscono una materializzazione delle relazioni originate durante l’interazione con un’entità conosciuta dall’osservatore. Tali relazioni dipendono necessariamente dall’organizzazione anatomica dell’organismo e dal suo dominio di interazioni, che fanno sì che una pulce, ad esempio, che non ha organi di senso all’infuori di sensori olfattivi, possa avvertire la presenza di un mammifero solamente captandone l’odore. Quando un organismo entra in un’interazione esterna che da luogo a certe relazioni entro le sue superfici sensorie, queste si materializzano al livello del sistema nervoso in una certa successione di stati di attività neuronale che rappresentano le relazioni date nelle superfici sensorie dell’organismo durante l’interazione. Gli stati di attività che materializzano le relazioni occorse nell’interazione esterna danno luogo, internamente, ad altri stati di attività che materializzano a loro volta le relazioni occorse nell’interazione interna. Così come non vi è possibilità d distinzione tra gli stati di attività generati internamente o esternamente al sistema nervoso, così non vi è possibilità di distinzione tra le materializzazioni di relazioni emerse da interazioni esterne o interne: Sia le prime che le seconde, infatti, sono insiemi di stati di attività che rappresentano le interazioni che li hanno originati. La distinzione è possibile solo per un organismo che sia in grado di interagire con i propri stati interni come se questi fossero entità indipendenti, così da poterne distinguere l’origine. L’uomo, l’osservatore, tra tutti i sistemi viventi, è in grado di fare ciò. Egli è capace di ‘’pensiero astratto’’: è cioè in grado di interagire con le rappresentazioni delle proprie interazioni in un processo ricorsivo senza fine.
---NOZIONE DI TEMPO----
Le classi di relazioni che possono essere materializzate al livello del sistema nervoso in successioni di stati di attività sono state definite per ciascuna specie nel corso dell’evoluzione dell’organizzazione anatomica generale e dell’organizzazione del sistema nervoso corrispondenti. La prima ha determinato una certa direzione nello sviluppo delle superfici sensorie che determinano le relazioni accessibili al sistema nervoso; la seconda ha determinato la definizione delle modalità attraverso le quali queste relazioni generano un comportamento rilevante per il mantenimento della circolarità basilare dell’organismo.  La subordinazione della successione di stati di attività che genera una condotta al mantenimento della circolarità basilare dell’organismo è frutto di un percorso filogenetico e di un percorso ontogenetico. Dipende, cioè, sia dalla storia evolutiva della specie, che dall’evoluzione dell’organismo come essere individuale sulla base delle sue proprie esperienze. Nel primo caso si parla di comportamento istintivo, nel secondo di comportamento appreso. La nozione di comportamento appreso, tuttavia, implicando l’evoluzione temporale di una condotta, assume valore solo nel dominio descrittivo dell’osservatore, cui appartiene la nozione di tempo. L’organismo, infatti, si comporta sempre e solo nel presente. Affinché un organismo possa apprendere un comportamento, è necessario che allo stato di attività generato dal presentarsi di uno stimolo esperito per la prima volta, stato chiamato ‘’incertezza, segua la sua soppressione. Al ripresentarsi del medesimo stimolo, il sistema nervoso dell’organismo non darà più luogo allo stato di incertezza e l’interazione potrà essere considerata conosciuta.
DESCRIZIONE.
In virtù della propria organizzazione circolare, i sistemi viventi sono sistemi induttivi, predittivi e conservativi: ciò che è accaduto una volta – e che ha funzionato – accadrà di nuovo. Sono anche sistemi storici, poiché la rilevanza che una certa condotta assume in relazione al mantenimento della loro organizzazione circolare è determinata dalla loro storia passata. Durante l’evoluzione dell’organismo, l’allargamento del suo dominio cognitivo ha fatto sì che certi comportamenti cambiassero in maniera proporzionale alla rilevanza che essi andavano assumendo per il mantenimento della loro organizzazione circolare al mutare delle condizioni ambientali.
L’osservatore è in grado di osservare contemporaneamente l’organismo e l’ambiente in cui esso esiste. La nicchia gli appare come quella parte dell’ambiente che realizza il dominio di interazioni dell’organismo e ogni suo comportamento gli appare come una realizzazione della nicchia, o meglio, come una ‘’descrizione’’ dell’interazione che lo ha originato, una descrizione di primo ordine dell’ambiente.
Un organismo può modificare il comportamento di un altro organismo in due modi: per interazione o per comunicazione. Nel primo caso un organismo interagisce con l’altro in maniera tale che ogni comportamento dell’uno dipenda strettamente da quello dell’altro. E’ quanto avviene ad esempio nelle pratiche animali di corteggiamento e lotta. Nel secondo caso, che costituisce la base di ogni comportamento linguistico, un organismo da luogo ad un certo comportamento che, essendo una descrizione della sua nicchia, orienta il secondo organismo verso un’interazione comune al proprio dominio cognitivo e a quello dell’organismo orientante determinando la sintesi di una condotta parallela a quella del primo organismo ma indipendente da essa. La comunicazione tra i due organismi mette in luce una caratteristica dell’ambiente comune alle rispettive nicchie. Il comportamento orientante del primo organismo rispetto al secondo costituisce una descrizione comunicativa di secondo ordine. Essa determina, nel sistema nervoso del secondo organismo, uno specifico stato di attività che materializza le relazioni generate dall’interazione con il primo organismo e rappresenta l’interazione stessa tra i due organismi, ossia il comportamento orientante del primo. Lo stato di attività innescato nel sistema nervoso del secondo organismo costituisce dunque una rappresentazione della descrizione comunicativa. Se il secondo organismo è in grado di interagire con i propri stati interni come se questi fossero entità indipendenti, esso sarà in grado di interagire sia con rappresentazioni di descrizioni comunicative, sia con rappresentazioni delle proprie descrizioni della propria nicchia, dispiegando così una nuova dimensione del proprio dominio di interazioni: il dominio linguistico, ossia l’insieme delle interazioni con rappresentazioni di comportamenti orientanti (descr. Comunicative II ordine) e delle interazioni con rappresentazioni di comportamenti (descr. I ordine proprie dell’organismo).Il dominio linguistico come dominio di interazioni con rappresentazioni di descrizioni comunicative (comportamenti orientanti), richiede almeno due organismi con domini cognitivi confrontabili affinché sia possibile sviluppare un sistema cooperativo di interazioni consensuali. Il dominio linguistico in generale è indipendente dall’organizzazione anatomica degli organismi che partecipano ad esso. Questo avviene perché la coordinazione, in un sistema consensuale, di comportamenti orientanti appresi non comporta un’evoluzione del sistema nervoso. Dominio linguistico e substrato biologico, tuttavia, non sono completamente indipendenti l’uno dall’altro. È l’organizzazione strutturale del nostro sistema nervoso, infatti, che definisce le classi di interazioni accessibili all’organismo; in più il dominio linguistico deve essere necessariamente subordinato al mantenimento della circolarità basilare dell’organismo, cosicché i comportamenti orientanti che lo definiscono sono sempre tali da non compromettere l’organizzazione dell’organismo. Quindi, sebbene la coordinazione di comportamenti orientanti entro un sistema consensuale tra due o più organismi non necessiti di modificazioni dell’organismo in senso biologico, l’evoluzione di questo sistema consensuale dipende ed è dipesa strettamente dalla possibilità di stabilire nuove relazioni tra i domini di interazioni degli organismi, che rendono e hanno reso possibili forme sempre nuove di comunicazione; l’insorgere di nuove relazioni tra due organismi può avvenire esclusivamente se i loro sistemi nervosi sono modificati in maniera tale da prevedere l’accesso a nuove classi di interazioni.  
Se un organismo che genera una descrizione comunicativa attraverso un comportamento orientante, è in grado di interagire con i propri stai interni come se questi fossero entità indipendenti, esso può interagire con lo stato di attività che rappresenta il comportamento orientante messo in atto, generando una nuova descrizione comunicativa che orienta verso la precedente e così via, in maniera ricorsiva potenzialmente infinita (Faccio qualcosa, ho coscienza di ciò che ho fatto, posso descrivere quel qualcosa a qualcuno). Un organismo capace di comportarsi in questo modo diventa un ‘’osservatore’’. Egli genera un discorso come dominio di interazioni con rappresentazioni di descrizioni comunicative.
L’osservatore è capace di auto-descrizione: il suo dominio di interazioni esiste, cioè, anche nella dimensione dell’autocoscienza, l’osservatore è in grado di produrre dei comportamenti orientanti che orientano sé stesso verso sé stesso, è in grado cioè di produrre delle auto-descrizioni comunicative. Interagendo con gli stati di attività corrispondenti a tali auto-descrizioni, cioè con le rappresentazioni delle auto-descrizioni, l’osservatore può generare ulteriori descrizioni comunicative orientate verso l’auto-descrizione e può, in definitiva, descrivere sé stesso.
IL PENSIERO
La capacità di un organismo di interagire, entro il proprio sistema nervoso, con i propri stati interni come se questi fossero entità indipendenti corrisponde a ciò che noi chiamiamo ‘’pensiero’’. Il pensiero è un processo neurofisiologico che, alla pari dei meccanismi di riflesso, determina cambiamenti di stato che conducono ad una certa condotta. Mentre però i meccanismi di riflesso individuano una catena di stati di attività che ha origine da un’interazione entro le superfici sensorie dell’organismo, il pensiero individua una catena di stati di attività che ha origine da un’interazione entro il sistema nervoso stesso.
Il pensiero è indipendente dal linguaggio: l’incapacità dell’emisfero non parlante del nostro cervello di generare un discorso, infatti, non compromette le operazioni di pensiero astratto che la caratterizzano. La mancanza di linguaggio conduce esclusivamente all’incapacità di convertire il pensiero in discorso.
IL LINGUAGGIO NATURALE
Due organismi aventi domini di interazioni confrontabili, (appartenenti, cioè, alla medesima specie)possono sviluppare un sistema convenzionale ma specifico di descrizioni comunicative, il ‘’linguaggio naturale’’, che li orienta verso modalità di cooperazione reciproca. E’ quanto avviene, in maniera particolarmente evidente, nella società dei delfini e in quella della dei primati, che hanno sviluppato sistemi di cooperazione particolarmente efficaci fondati sul comportamento orientante di un membro del gruppo che, dando luogo ad un richiamo o ad una certa condotta motoria, orienta gli altri membri del gruppo entro il loro dominio cognitivo. L’evoluzione del comportamento orientante, che sta alla base del linguaggio naturale, avrebbe condotto al linguaggio come oggi lo conosciamo.
In un sistema vivente comportamento e anatomia sono strettamente connessi l’uno all’altra. Il comportamento dell’organismo è soggetto all’azione della selezione naturale, che determina trasformazioni anatomiche in un processo evolutivo di complicazione crescente. Allo stesso modo, nell’evoluzione del linguaggio, la selezione naturale ha agito sul comportamento orientante determinando importanti trasformazioni anatomiche: in primo luogo una maggiore complessità e varietà del comportamento motorio, evidente nella vocalizzazione e nella capacità di creare ed adoperare strumenti; in secondo luogo un aumento decisivo della corteccia cerebrale e delle interconnessioni neuronali che ha condotto all’espansione del dominio delle interazioni accessibili al sistema nervoso.
Il linguaggio non ha carattere denotativo, ma connotativo. Esso non consiste, cioè, in una trasmissione di informazioni da un organismo ad un altro, esso fa sì che l’organismo orientato si orienti entro il proprio dominio cognitivo coerentemente al messaggio veicolato dal comportamento orientante, ma indipendentemente dalla sua inerenza al dominio cognitivo dell’organismo orientante. Tra un interlocutore e il suo ascoltatore non vi è trasferimento di pensiero: l’ascoltatore comprende ciò che gli viene detto solo nella misura in cui rinviene nel proprio dominio cognitivo i presupposti per la comprensione di quel messaggio. Il linguaggio assume carattere denotativo solo nel dominio cognitivo dell’osservatore, agli occhi del quale la condotta dell’organismo orientato, risultante dall’interazione comunicativa, sembra legata al comportamento orientante da una relazione di tipo causale. L’idea del carattere denotativo del linguaggio sopravvive anche nel parlare quotidiano, nella misura in cui chi parla è erroneamente convinto che chi ascolta abbia il suo medesimo dominio cognitivo, cosa che, in verità, non accade mai, come testimoniato dai frequentissimi fraintendimenti, e che rende impossibile una vera e propria trasmissione di informazioni.
Un’ interazione linguistica tra due interlocutori avviene sempre all’interno di un contesto definito dall’insieme delle interazioni che specificano lo sfondo di riferimento di chi parla e di chi ascolta. Lo stato di attività che nell’organismo orientante da origine all’interazione linguistica costituisce lo sfondo di riferimento di chi parla, lo stato di attività che emerge dall’interazione linguistica e che orienta l’organismo orientato entro il proprio dominio cognitivo costituisce lo sfondo di riferimento di chi ascolta.
Nelle interazioni linguistiche segno e significato non sono separabili funzionalmente. Una sequenza di parole pronunciate determina infatti in chi ascolta una sequenza di orientamenti successivi nel proprio dominio cognitivo ciascuno dei quali è strettamente dipendente dal precedente. A dice a B ‘’Sta arrivando C’’: le parole che compongono l’inferenza di A orientano progressivamente B all’interno del proprio dominio cognitivo ed ognuna di esse è rilevante nella misura in cui la condotta finale di B ne risulta determinata. Inoltre, una successione di descrizioni comunicative, ossia di parole, può costituire essa stessa una descrizione comunicativa in grado di orientare l’ascoltatore verso una certa prospettiva che influenzerà a sua volta l’orientamento determinato dalla descrizione comunicativa successiva.
Le norme della sintassi e della grammatica che individuano in un’interazione linguistica certe regolarità tra una parola pronunciata e lo stato generato nell’ascoltatore in seguito all’ascolto, esistono solo ed esclusivamente nel dominio descrittivo dell’osservatore. Gli stati di attività che conducono due interlocutori ad assumere una certa condotta durante o in seguito ad una conversazione non sono vincolati l’uno all’altro da rapporti di causa-effetto.
Il comportamento linguistico come insieme di stati di attività neuronale coordinati all’interno di un dominio consensuale non differisce nella sua genesi neurofisiologica da qualunque altro comportamento coordinato innato o appreso, quale camminare, volare, suonare uno strumento.  Tutte queste condotte sono, infatti, ugualmente specificate al livello del sistema nervoso da una serie di stati ricettori ed effettori. La particolarità del comportamento linguistico sta nella rilevanza che esso assume per il mantenimento della circolarità basilare dell’organizzazione dei sistemi viventi nella misura in cui consente loro di interagire in un dominio consensuale di interazioni orientanti.
MEMORIA E APPRENDIMENTO

L’apprendimento è un processo storico che consiste nella trasformazione, attraverso l’esperienza, del comportamento di un organismo conformemente alla necessità di conservarne la circolarità basilare. Le trasformazioni comportamentali veicolate dall’apprendimento avvengono o attraverso una variazione nella sequenza di stati neuronali che frutto di una data interazione definiscono una condotta, o attraverso variazioni nelle regole di transizione da uno stato all’altro. Agli occhi dell’osservatore, nel cui dominio cognitivo è prevista la nozione di tempo, una condotta appresa appare come risultato dell’intervento nel presente del ricordo di un’esperienza passata. Per l’organismo, invece, che agisce sempre e solo nel presente, l’apprendimento è un processo di trasformazione dal carattere atemporale: L’ottimizzazione di una certa condotta attraverso l’apprendimento avviene come sintesi dei cambiamenti strutturali del sistema nervoso di volta in volta riconosciuti necessari al mantenimento della circolarità basilare dell’organismo nel corso di molte interazioni ugualmente dirette. La ‘’memoria’’ come magazzino di rappresentazioni dell’ambiente che intervengono nel presente sottoforma di ricordi esiste solo nel dominio descrittivo dell’osservatore e non esiste come funzione neurofisiologica. Al livello dell’organismo, ciò che l’osservatore chiama ‘’ricordo’’ o ‘’memoria’’ corrisponde alla capacità del sistema vivente di sintetizzare un comportamento a partire dal suo stato di attività presente e attuale. Quando un organismo sperimenta per la prima volta una certa interazione, nel suo sistema nervoso si manifesta uno stato peculiare che prende il nome di ‘’incertezza’’ e che viene soppresso subito dopo il termine dell’esperienza. Al ripresentarsi della medesima interazione, il sistema nervoso dell’organismo non manifesterà più l’incertezza originaria e l’interazione potrà essere considerata ‘’conosciuta’’ senza l’intervento nel presente del ricordo dell’esperienza precedente. Quando un organismo sperimenta per la prima volta un’interazione e il suo sistema nervoso,compiendo un errore, non manifesta lo stato di incertezza, l’interazione viene trattata come conosciuta e si verificano fenomeni come il Déjà-vu. Quando un organismo sperimenta invece un’interazione conosciuta e il suo sistema nervoso manifesta per errore lo stato di incertezza, l’interazione viene trattata come sconosciuta e si verificano fenomeni di perdita di memoria recente.

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