Alessandro Magno salì al trono grazie all’abilità e
all’ambiziosità della madre Olimpiade, proveniente da una tribù dell’Illiria, i
Molossi. Al pari del defunto padre, il primo atto da sovrano fu garantirsi
l’equilibrio interno del proprio regno intraprendendo, a tal fine, guerre
contro le popolazioni macedoni ribellatesi. Tebe venne rasa al suolo: secondo
la tradizione sarebbe rimasta in piedi solo la casa del poeta Pindaro. Sparta
risultava all’epoca essere sempre più evanescente. Alessandro si propose di
portare avanti la politica paterna stabilita nel convegno di Corinto: liberare
i Greci dai Persiani. Quando gli Ateniesi, gli Spartani di Lisandro, di nuovo
gli Ateniesi, I tebani, I Macedoni di Filippo avevano dichiarato la volontà di
combattere i Persiani, avevano sempre inteso la volontà di liberare LA IONIA
dalla loro presenza. Filippo non aveva mai progettato il totale e definitivo
annientamento dell’impero persiano, ma unicamente la liberazione della costa
anatolica. Quando Alessandro intraprese la propria spedizione, incontrò non
poche difficoltà, in primo luogo le controversie esplose col re di Rodi
Memnone. Giunto in Anatolia si recò a troia, quasi sentendosi un novello
Agamennone, col mito della guerra di Troia come guerra di liberazione della
Ionia. Con l’intento di liberare le coste anatoliche, partì dalla Frigia.
All’epoca a Gordio esisteva un tempio
frigio nel quale era presente un carro che si riteneva essere appartenuto al
mitico Gordio, eponimo della città. In questo carro c’era un nodo che, secondo
la tradizione, nessuno sarebbe stato in grado di sciogliere all’infuori di
Gordio stesso, una volta tornato. Giunto presso il tempio Alessandro sciolse il
nodo, tra l’acclamazione generale dei sacerdoti presenti. Questo episodio è
rilevante nella misura in cui il percorso di conquista di Alessandro fu
favorito soprattutto dalla sua capacità di accattivarsi il favore dei cleri
locali. La prima importante vittoria fu quella riportata nella battaglia del
Granìco, in occasione della quale inviò a Delfi numerose spoglie a nome di
tutti i Greci meno gli Spartani. Seguì la battaglia di Isso, nei pressi
dell’attuale Siria, dopo la quale, secondo la tradizione, Alessandro subì un
drastico mutamento nei comportamenti e nei costumi: ad Isso fini, politicamente
parlando, l’Alessandro grecofilo continuatore della politica paterna e nacque
Alessandro Magno. L’obiettivo diventò da allora raggiungere il cuore della
Persia: non si gettò a capofitto verso il proprio obiettivo, ma discese lungo
la costa, passando anche per la Fenicia e compiendo il difficilissimo assedio
di Tiro. Giunto in Egitto, sotto il controllo dei Persiani, si rivolse ai
grandi centri templari egiziani, notoriamente intolleranti rispetto al tacco
persiano. Si recò nell’oasi di Siwa , presso l’oracolo di Zeus Ammone, dove si
fece riconoscere come figlio di Zeus per intercessione della madre Olimpiade. A
Menfi si fece addirittura riconoscere faraone. Combatté e vinse la battaglia di
Gaugamela. Besso, satrapo di Battriana e Sogdiana, dopo aver assassinato il legittimo sovrano
persiano, Dario III, che era stato sconfitto da Alessandro Magno nella
battaglia di Gaugamela, si autoproclamò imperatore di Persia. La tradizione
vuole che Alessandro, punito Besso, si sia mostrato fortemente benevolo nei
confronti della moglie e delle figlie dell’assassinato sovrano. A Gordio
Alessandro si era presentato come risolutore dell’attesa del mitico eponimo, in
Egitto era stato riconosciuto figlio di zeus e faraone, dopo Gaugamela divenne
il nuovo Gran re, andando a sostituire il sovrano di Persia. La tradizione
antica, che interpretò moralisticamente gli eventi, insistette sul fatto che
Alessandro si fosse barbarizzato al punto di adottare una linea
orientalizzante: fece in modo che i propri generali sposassero donne del posto
nelle celebri nozze di Susa e sposò egli stesso una principessa battriana,
Rossane, da cui ebbe anche un figlio, Alessandro IV. L’orientalizzazione di
Alessandro, effettivamente avvenne, ma non la si deve leggere però in senso
moralistico: il sovrano si era reso conto del fatto che distruggendo l’impero
persiano senza assicurarsi una continuità rispetto al passato sarebbe stato per
lui impossibile consolidare il proprio potere. Nell’esercito macedone,
tuttavia, la linea orientalizzante adottata dal sovrano suscitò non pochi
malcontenti: si ricordi, a tal proposito, la celebre congiura dei paggi ordita
col proposito di attentare alla vita di Alessandro.
Ci sono due episodi che sintetizzano l’evoluzione dei
rapporti tra Alessandro e la Grecia all’indomani della spedizione antipersiana:
la richiesta ai Greci degli onori divini per il suo amico Efestione e il
cosiddetto rescritto di Susa o Decreto di Nicànore, con il quale Alessandro
chiese alle città greche di far ritornare gli esuli. Nel convegno di Corinto
Filippo aveva assicurato alle città greche che lo status politico sarebbe
rimasto quello immediatamente successivo alla vittoria di Cheronea; col decreto
di Nicanore Alessandro si contrappose al precedente provvedimento paterno,
manifestando l’intenzione di disegnare una Grecia totalmente diversa. Entrambi
i provvedimenti, la richiesta degli onori divini per Efestione e il decreto di
Nicanore, vennero accolti più che negativamente in Grecia, avendo essi messo in
discussione i ceti tradizionali che avevano visto il proprio potere confermato
e garantito da Filippo.
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