"Come un altro, o Antifonte, si compiace di un bel cavallo, o di un cane, o di un uccello,
così e ancor di più, io traggo piacere dai buoni amici,
e se so qualcosa di buono.. lo insegno loro".


martedì 20 settembre 2016

#7 Riassunto: H. Maturana & F. Varela; Autopoiesi e cognizione, Autopoiesi: L'organizzazione del vivente, 1973 - Sulle macchine, viventi e non.

LE MACCHINE.
Le macchine sono sistemi hardware concreti, unità formate da un certo numero di componenti caratterizzate da certe proprietà.  Alcune proprietà delle parti costituenti di una macchina sono rilevanti nella misura in cui rendonopossibile per essa le interazioni e le trasformazioni che la definiscono; tutte le altre proprietà delle componenti di una macchina che non partecipano al suo funzionamento sono irrilevanti e possono variare liberamente. Le relazioni esistenti tra le componenti di una macchina, che la definiscono come unità e che determinano le interazioni e le trasformazioni per essa possibili costituiscono l’organizzazione della macchina. Le proprietà delle componenti di una macchina che la integrano in un dato spazio costituiscono la struttura della macchina (forma, colore...). Una macchina può essere realizzata con strutture assai diverse, l’importante, per il suo corretto funzionamento, è che le relazioni tra le varie componenti siano conservate secondo quanto prescritto dall’organizzazione della macchina. Le macchine costruite dall’uomo sono sempre progettate per raggiungere un certo scopo, il quale si realizza nel prodotto dell’operare della macchina. Lo scopo o il fine di un sistema non definiscono in alcun modo l’organizzazione della macchinaed esistono unicamente nel dominio descrittivo dell’osservatore che vede la macchina operare trasformazioni entro il suo dominio cognitivo.

LE MACCHINE VIVENTI.
Analizzando l’organizzazione degli esseri viventi e le proprietà che da essa emergono è possibile mostrare come anche essi siano macchine.
Che tipo di macchine sono gli esseri viventi?

MACCHINE AUTOPOIETICHE
Unamacchina autopoietica è una macchina omeostatica che mantiene continuamente costante la propria organizzazione in una rete di processi di produzione dei suoi propri componenti, i quali, attraverso le loro interazioni e trasformazioni, rigenerano e realizzano la stessa rete di processi che li ha prodotti e costituiscono la macchina come un’unità concreta nello spazio fisico in cui i componenti esistono, specificando il dominio topologico del sistema.

Una macchina autopoietica, in quanto unità la cui organizzazione è definita dalla rete di processi di produzione delle proprie componenti, differisce necessariamente da altri tipi di unità la cui organizzazione è definita dai componenti stessi o dalle relazioni statiche esistenti tra essi. Le macchine autopoietiche differiscono, cioè, dalle macchine allopoietiche (costruite dall’uomo) e dalle entità fisiche naturali.

In una macchina allopoietica, per esempio un’automobile, l’organizzazione è data in termini di concatenazione di processi che differiscono dai processi di produzione di componenti, tipici dell’organizzazione autopoietica, nella misura in cui non sono processi di produzione di componenti, dato che i componenti di un’automobile sono prodotti dall’uomo esternamente ad essa. Le macchine di questo tipo sono sistemi dinamici non autopoietici.
In un’unità fisica naturale, ad esempio un cristallo, le relazioni spaziali tra i componenti definiscono un’organizzazione a reticolo che inserisce quell’unità all’interno di una classe morfologica particolare. Nelle macchine autopoietiche le relazioni spaziali tra i componenti non possono in alcun modo costituire elementi sufficienti a definire quella macchina come autopoietica, e questo perché, essendo tali relazioni specificate dalla rete di processi di produzione dei componenti che costituisce l’organizzazione del sistema, esse sono necessariamente in continuo cambiamento. I cristalli sono statici.

Le conseguenze dell’organizzazione delle macchine autopoietiche sono importantissime:
I)                  Le macchine autopoietiche sono autonome perché subordinano ogni cambiamento al mantenimento della propria organizzazione. Le macchine allopoietiche non sono autonome perché, essendo progettate per rispondere ad uno scopo imposto dall’uomo, ogni cambiamento è in esse subordinato a qualcosa di diverso da loro stesse.
II)               Le macchine autopoietiche hanno individualità perché, mantenendo costante la propria organizzazione in ogni momento, preservano un’identità indipendente dalle interazioni con l’osservatore. Le macchine allopoietiche non hanno individualità perché il loro operare in funzione di un prodotto diverso da loro stesse non determina alcuna identità. L’identità delle macchine allopoietiche dipende dall’osservatore.
III)            Le macchine autopoietiche specificano i propri confini nei processi di autoproduzione determinati dalla loro organizzazione. I confini delle macchine allopoietiche sono definiti dall’osservatore che, specificando le superfici di input e output della macchina, determina cosa le appartiene nelle sue operazioni e cosa no.
IV)             Le macchie autopoietiche non hanno input né output. Esse possono essere perturbate da eventi indipendenti e compensare tali perturbazioni attraverso cambiamenti interni subordinati al mantenimento dell’organizzazione della macchina. Ogni relazione tra questi cambiamenti e le perturbazioni che agiscono sulla macchina sta esclusivamente entro il nostro dominio cognitivo.

La struttura di una macchina autopoietica, ossia il modo in cui la sua organizzazione può essere integrata nello spazio fisico, determina, a seconda delle proprietà dei materiali che ne compongono le parti, le perturbazioni che essa può subire senza disintegrarsi e perdere l’autopoiesi (senza perdere, cioè, quelle relazioni tra le componenti che garantivano il mantenimento dell’organizzazione del sistema). La struttura di una macchina autopoietica determina il dominio di interazioni nel quale può essere osservata. Conseguenze:

I)                  Come osservatori possiamo descrivere le macchine autopoietiche come parte di un sistema più grande che determina gli eventi indipendenti che la perturbano. Possiamo considerare tali eventi perturbanti come input e i cambiamenti di stato della macchina autopoietica come output. La macchina autopoietica diventa, nel nostro dominio descrittivo, una macchina allopoietica.
II)               Come osservatori possiamo analizzare una macchina autopoietica e trattare tutti i suoi meccanismi interni come se fossero macchine allopoietiche, una volta definite le loro superfici di input e output.

SISTEMI VIVENTI
I sistemi viventi trasformano materia dentro sé stessi in modo tale che il prodotto del loro operare è la loro propria organizzazione; inoltre se un sistema fisico è autopoietico esso è vivente. I sistemi viventi sono con evidenza macchine autopoietiche. Non tutti, in ogni caso, sono propensi ad accettare l’equivalenza ‘macchine autopoietiche – esseri viventi’, questo perché le macchine sono considerate artefatti umani con proprietà deterministiche conosciute che li renderebbero perfettamente prevedibili, mentre i sistemi viventi sono considerati autonomi e imprevedibili. Se i sistemi viventi fossero macchine, allora si dovrebbe accettare l’idea che essi possano essere progettati e costruiti dall’uomo. Una posizione simile sembrerebbe poggiare sull’antica e ingenua convinzione che i sistemi viventi siano troppo complessi per essere compresi e che i principi che li generano siano intrinsecamente inconoscibili. Coloro che ritengono inconoscibile la natura della vita distinguono un essere vivente in virtù del possesso di certe caratteristiche, specie le capacità di evoluzione e riproduzione, ma, paradossalmente, rifiutano l’autopoiesi come sistema concettuale in grado di integrare tutte quelle caratteristiche.  Si potrebbe anche pensare che l’osservazione e l’esperienza siano più che sufficienti al fine di distinguere un sistema vivente e che di fatto non vi sia alcun bisogno di un’analisi teorica in proposito. In realtà nessuna osservazione e nessuna esperienza possono avere senso al di fuori di un’analisi teorica nella quale aver avuto luogo.


Tutta la fenomenologia dei sistemi viventi dipende dall’autopoiesi.

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