L’importanza cruciale che oggi viene riconosciuta alla
teoria darwiniana è dovuta all’introduzione del caso come principio
materialistico di spiegazione del divenire completamente scevro di un
qualsivoglia scopo ultimo. Il fatto paradossale è che questo aspetto innovativo
della teoria evoluzionistica fu tremendamente frainteso e l’intero darwinismo
addomesticato e riadattato in modo tale da risultare meno contrastante con la
cultura del tempo. Per almeno qualche decennio Darwin fu considerato il degno
successore di Lamarck, responsabile dell’aver portato a compimento il suo
lavoro e quello dei suoi predecessori. Non a caso, il principio della selezione
naturale teorizzato da Darwin e da lui definito come quel principio per il
quale ‘’ogni variazione se utile si conserva’’ fu interpretato alla luce
dell’antica legge di sviluppo lamarckiana: il potere della vita opera
internamente agli organismi e sotto la spinta di modificazioni ambientali
veicola le trasformazioni della specie in direzione di un miglioramento
prestabilito.
In Germania il più
acclamato portavoce del darwinismo fu Ernst Heackel, fautore della cosiddetta
‘’legge biogenetica fondamentale’’ ossia della ‘’legge di ricapitolazione’’,
secondo la quale, in sostanza, l’ontogenesi è un breve riassunto della
filogenesi. Heackel equipara l’evoluzione ad un processo lineare di
accrescimento degli organismi che si strutturano procedendo dall’estremamente
semplice all’estremamente complesso per inerzia meccanica. Le leggi dell’evoluzione,
in definitiva, vengono assimilate a quelle del progresso.
Nietzsche è probabilmente il pensatore che più di tutti gli
altri ha contribuito alla dissoluzione dell’antica menzogna di un mondo dotato
di significato e rivolto verso uno scopo. Per Nietzsche la modernità comincia
con il cristianesimo, responsabile di aver promosso tra gli uomini la ‘’morale
degli schiavi’’ ossia la negazione del mondo ‘’apparente’’, il mondo della
vita, in favore di un preteso ‘’mondo vero’’, l’aldilà, in cui si sarebbe
realizzato il fine dell’umanità.Nello scritto inedito Verità E Menzogna In Senso Extramorale, Nietzsche dimostra come
siamo effettivamente noi ad investire un gesto di un certo significato morale.
La menzogna, ad esempio, non è sbagliata in sé: il fatto che io dica ‘’il cielo
è rosso’’ non ha alcuna ragione di essere ritenuto moralmente sbagliato. La
menzogna diviene moralmente ingiusta nel momento in cui la mia bugia arreca
danno a qualcuno o un vantaggio a me.I valori sono sempre sintomo della potenza
di chi li pone, le verità in cui l’uomo mostra di credere altro non sono che
menzogne pronunciate da qualcuno e divenute convenzioni perché funzionali
all’esistenza nella società di un certo tipo di persone. Allorché i valori e le
verità trascendenti santificate dalla morale giudaico cristiana hanno smesso di
funzionare, continuare a celebrale significa manifestare una vera e propria
malattia che mortifica la vita. Un’interpretazione della natura in termini
teologici e moraleggianti, quale quella che a Nietzsche doveva apparire la
teoria darwiniana dell’evoluzione per selezione naturale, che aveva fede in
un’intelligenza trascendente che conducesse verso ‘’il meglio’’, non era che
un’ennesima espressione della metafisica cristiana.
Alla fine degli anni ’70 dell’800 le teorie di Heackel
sull’evoluzione come sviluppo automatico di materia inerte, vennero messe in
discussione dagli studi di Flemming, Hertwing e Nageli, i quali dimostrarono
che lo sviluppo degli organismi doveva essere ricondotto ad un gioco complesso
di forze, strutture e tensioni interne agli organismi stessi. La nuova ipotesi
era quella dell’esistenza di facoltà proprie dei viventi attraverso le quali
essi fossero in grado di imporre le proprie condizioni di esistenza
sull’ambiente. Le nuove posizioni finirono per influenzare fortemente
Nietzsche, il quale riconobbe, nello sviluppo dei sistemi una
caotica esplosione di volontà di potenza da ogni organismo in un quadro caotico
di forze confliggenti tese ad affermare le condizioni di esistenza
dell’organismo su quelle ambientali. È quanto il filosofo sostiene in Genealogia della morale, laddove afferma
che la funzione oggi osservabile di un organismo, non ne spiega assolutamente
la genesi: è probabile che l’occhio non sia nato per veicolare la vista, né la
mano per afferrare gli oggetti. Tutti gli scopi e le funzioni che oggi
riconosciamo non sono che indizi del fatto che una volontà di potenza ha agito
dall’interno dell’organismo imponendosi su di un organo e imprimendogli una
funzione.
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